ANTOLOGIA CRITICA E PREMI


Dalla rivista "Il La - la Rivista del Lazio", 2011 - Viterbo
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Recensioni enciclopediche





"Ortografia del viaggio"
    
                                   

                                     "Ortografia del viaggio di Pierangelo Tieri"

L’occasione della pubblicazione di Ortografia del viaggio è stata la personale di Pierangelo Tieri, tenutasi al Brunitoio - Officina d’Incisione e stampa in Ghiffa (VB), dal 3 al 25 agosto 2024. L’artista, nato nel 1971 e originario di Coreno Ausonio (FR), si è formato presso le Accademie di Belle Arti di Frosinone e Napoli, dove ha studiato pittura, grafica e fotografia. In Accademia Tieri sperimenta le possibilità espressive della xilografia a colori espandendole su carte di grandi dimensioni grazie alla guida di Mauro Filipponi, professore di tecniche d’incisione e collaboratore come pittore di scena ad alcune produzioni felliniane, che realizzò nel 1982 anche calcografie per il film E la nave va. L’incontro con Filipponi si inserisce significativamente nel percorso artistico di Tieri, spesso caratterizzato da visioni che rimandano alla settima arte. Ci si riferisce in particolare alle inquadrature di quel cinema noir del secolo scorso, comprese le sue traduzioni in più recenti graphic novel (che ebbe nel detective Philip Marlowe uno dei suoi eroi) e più ancora alla pioggia quasi perenne che accompagna la proiezione di Blade Runner. Non la versione di Ridley Scott del romanzo di Philip Dick, quanto la novella di Ray Bradbury Pioggia senza fine è posta a confronto con il lavoro dell’incisore nel testo critico (Nel solco della memoria. Tradizione e innovazione nelle xilografie di Pierangelo Tieri) del catalogo, da leggere come un racconto, o meglio una sceneggiatura che inizia, interno giorno, con un bambino che desidera una macchina fotografica. Gabriella Pace ci porta nella Coreno Ausonio degli anni Settanta del Novecento alle radici di una vocazione. Ecco dunque che la «grana sottile fatta di emulsione fotosensibile» si connette con il disegno e l’intaglio e costituisce nell’insieme un punto di sintesi di una ricerca «inevitabile» come ha scritto altrove il poeta Domenico Adriano.

La narrazione biografica cede il passo ad alcune intersezioni con i maestri dell’incisione su legno, sottolineando vicinanze ideali con coloro che tra fine Ottocento e avanguardie ne esaltarono in chiave antiaccademica gli aspetti scarni e l’immediatezza comunicativa della tecnica, che la messa a punto di nuovi strumenti ne aveva semplificato l’esecuzione. Come la sgorbia a V che se all’epoca fu essenziale per l’aggiornamento del linguaggio grafico, nell’opera di Tieri diventa sperimentazione portatrice di una gestualità insita nel suo lavoro e dei segreti della materia su cui opera, complice la cedevolezza dell’essenza prescelta: il pioppo.

Nella descrizione delle opere, paesaggi urbani in cui i fenomeni atmosferici, definiti dai tagli dei coltellini, conferiscono un certo dinamismo all’immagine in cui domina un tempo sospeso, per dirla ancora con Adriano, «tra apocalisse e calma», si individua l’eredità delle rappresentazioni della vita moderna, dagli impressionisti ai futuristi, e si rivelano, ora come allora, i semi del disagio. E quindi come non pensare che gli spazi deserti raffigurati siano un’intuizione più o meno consapevole del fenomeno Hikikomori, l’isolamento sociale che interessa in particolare i più giovani e che li porta a osservare il mondo attraverso una finestra o il display del telefonino. Perché le visioni cittadine di Tieri sembrano mediate da uno schermo, con una distanza confermata dallo stesso procedimento operativo, stabilita con il distacco del foglio da quel luogo, in cui si combatte corpo a corpo con la materia, deformandola e scolpendola, che è la matrice. Proseguendo nella lettura troviamo altre suggestioni, altre possibili ascendenze. Utagawa Hiroshige è il collegamento con l’Oriente, dalla scelta delle carte, all’uso del Baren per la stampa e alle analogie con quel mondo fluttuante delle stampe Ukiyo-e fatto di attimi quotidiani come Sudden Shower of skin – hashi bridge and Atake. Giacomo Balla è il riferimento stilistico diretto. Il modello è il bagliore luminoso della Lampada ad arco che Tieri interpreta negli ultimi lavori come vibrante relazione tra linea e luce, delineando paesaggi notturni in bianco e nero, in ideale continuità con l’incisore toscano Dario Neri.

Gabriella Pace, poeta e scrittrice, oltre che restauratrice esperta di opere su carta, si concede in una parte del suo saggio una breve riflessione sulla tecnica dell’incisione su legno, dalle immagini devozionali del Quattrocento alle riviste del secolo scorso, con un imprescindibile riferimento ad Albrecht Dürer e al suo contributo nel passaggio «dalla mera funzione illustrativa per diventare opera autonoma e originale».

Marco D’Emilia ha curato la progettazione grafica del volumetto distribuendo i pieni e i vuoti definiti dalla disposizione del testo e delle immagini nello spazio quadrato della pagina, scegliendo un formato spesso utilizzato per libri-opere o libri fotografici in virtù della purezza e dell’armonia proporzionale che offre interessanti soluzioni nella costruzione dell’equilibrio visivo. La copertina ribalta il punto di vista dell’interno: le vedute in lontananza immortalate dal nostro artista sono sostituite dalla concentrazione sul particolare. Nel rapporto tra ciò che è presente dentro e fuori, in questo piccolo catalogo si evidenzia il significato del titolo Ortografia del viaggio. È la forma grafica – cioè la disposizione degli elementi primari, i segni, il modo in cui sono realizzati e le trame che vanno a comporre –, che sviluppa il racconto di un cammino creativo che si rispecchia in un diario intimo.

Gabriella Bocconi (storica della grafica d'arte) 2024


                           Istituto della Enciclopedia Treccani Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma 
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                                  "Pierangelo Tieri e l'arte inevitabile" 

La maturità di Pierangelo Tieri ha inizio da un autoritratto, così bello e doloroso per cui in molti pensarono che il ragazzo, sorpreso dal grande pudore che già aveva di sé, aveva intrapreso per nascondimento di realizzare un dipinto quale omaggio alla memoria del grande Sironi. Un artista deve partire da sé, ma deve fare riferimento alle altezze più alte, deve attraversarle per poi avere la possibilità di tornare alla propria intima umanità. La bellezza e la perfezione avrebbero potuto annientare il giovane artista. Ma poiché Pierangelo Tieri ha innato in sé il dono di guardare e ascoltare, non si è adagiato ma ha continuato pazientemente a cercare e a sperimentare, a disegnare di fatto e con la fantasia, ovvero si è messo a “studiare” ben sapendo che lo studio non avrà mai fine.

L’autoritratto nel frattempo è finito in una poesia di Domenico Adriano: «Due sono le persone per cui ritorno spesso al mio / paese. Una è mia nonna, l’altra Tommasino, / il poeta Tommaso Lisi […] / Da un po’ di tempo vengo a Coreno anche per rivedere / un dipinto che sta, guarda caso, proprio in casa / di Tommasino: un inquietante e bellissimo / autoritratto, opera tra le primissime di / Pierangelo Tieri, un ragazzo fiero e inquieto, / che è riuscito in questo piccolo capolavoro a / trasmetterci insieme con una meravigliata / pensosità, l’improvvisa e sconvolgente scoperta / della solitudine […] / la testimonianza di un ragazzo che un giorno seppe / cogliere di sé non l’immagine che gli riflette / ogni specchio, ma quella segreta e tuttora / oscura dello specchio di sé». Il giovane aveva diciassette anni. Il dipinto a tutt’oggi è premurosamente custodito dal poeta Lisi.

Ora, come allora, Adriano invita qui oscuri visitatori a venire a Coreno Ausonio a ammirare l’opera giovanile di Pierangelo Tieri, un olio che è quasi una scultura, la pienezza della forma semplicemente realizzata. Si augura possibile che una prossima non troppo futura “personale” dell’artista possa ospitare quel dipinto. I fortunati avventori scoprirebbero Tieri quale un poeta che cerca col pennello o scava nel legno sempre lo stesso turbamento, lo stesso stupore dell’infinito che lo invase certo già da bambino.

Il ragazzo ha portato poi nel tempo la sua freschezza, ha proseguito e arricchito lentamente negli anni il suo lavoro senza mai ripetersi, né ritornare sugli incroci della sua bravura, cercando e disseppellendo, affinando nuove tecniche. Testimoni attenti ne hanno registrato il percorso assai sobrio, che pur vario segue sempre, all’insegna della memoria, come un antico tratturo. È tutto verificabile, critici avvertiti ne hanno sottolineato l’originalità della ricerca e del taglio. Ma io qui lo ribadisco: i dipinti come le xilografie di Tieri sono visioni, e le più tra apocalisse e calma. La luce dalla quale sembrano scaturire è un velo di marmo, come un lume del pensiero, una rappresentazione ogni volta di mirabile asciuttezza mentre ogni paesaggio si affaccia a nuova vita quasi sciogliendosi da un gelo rovente. 

Pierangelo Tieri deve davvero aborrire la riproducibilità, se le sue xilografie sono sempre state così mirate all’assoluto (quattro o cinque; già dopo la prova e la prima stampa verosimilmente insoddisfatto). Ci si paleserà un giorno come le sue vie, le sue indagini quando hanno toccato un apice o un consenso di critica o di pubblico, subito si sono chiuse, concluse quasi a fermare un tempo e una impronta irripetibili. O almeno io così credo sia stato finora, quale un urto a nascondere una intimità che lui stesso non conosceva o non aveva avuto occhi per vedere. Lo svelamento: ogni volta per questo pittore la vicenda di un’opera è un rivelarsi, uno scovare e scoprire qualcosa di inevitabile che mai avrebbe inteso di mostrare nemmeno a se stesso. Allora il pennello infine affonda in altri colori degli occhi e della mente; la mano più sicura con la sgorbia, o anche solo con un chiodo, scava decisa in un legno di pioppo o di faggio per riconoscere un paesaggio che lo attrae, una pioggia ininterrotta, un treno che non accetta freni, una strada o la piazza di una città che irresistibilmente vogliono restare soli con il proprio dolore.

Domenico Adriano (poeta e critico letterario) 2024


                       Istituto della Enciclopedia Treccani Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma 
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Grafica d'Arte
 "Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno" 2019

"Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno", numero dedicato al tema "La città e l'uomo". Al suo interno Tieri è inserito con una pubblicazione dal titolo "La città nelle xilografie di Pierangelo Tieri: rassegna di xilografie centrate sull'uomo 'solo' - metafora della solitudine metropolitana - colto in vedute urbane, stazioni e vagoni ferroviari ".


La città trasfigurata nella xilografia è il tema costante della ricerca di Pierangelo Tieriambienti metropolitani riconoscibili, vedute consuete (Roma, Napoli, Venezia, Parigi, Manhattan) che nella traduzione su legno di filo perdono ogni spunto pittoresco o descrittivo in favore del vibrante, rigoroso lavoro di intaglio. Dal fittissimo ordito di segni scaturiscono, privi di contorno, appena indicati da rare tracce orizzontali, gli skyline familiari, con i dettagli essenziali degli edifici, la struttura di un ponte o di un parapetto, i lampioni risparmiati dalle sottili fratture che ricoprono interamente la matrice. “Fratture del tempo o fratture nel tempo”, per l’artista, spiragli di luce che non attenuano l’aspetto crepuscolare o notturno dei luoghi. Sono città deserte, dall’atmosfera offuscata: Napoli (fig. 1) e Venezia (fig. 2) perdono la cristallina luminosità della veduta marina; Parigi (fig. 3) pare l’ambientazione per un romanzo gotico; Manhattan (fig. 4), in lontananza da un ponte sgombro, ha la potenza di un’apparizione.
L’opera più emblematica per esprimere il tema dello straniamento urbano è L’uomo col cappello (fig. 5), soggetto più volte ripreso dall’artista con varianti. Presenza monumentale, ieratica, l’uomo solo (questo il titolo originario) si staglia frontale, rosso e in controluce, sullo sfondo di una lunga via dalle architetture nordiche, reminiscenza di cittadine elvetiche dove l’artista aveva vissuto nell’infanzia. Dall’espressione indecifrabile e misteriosa, il personaggio non si integra nel contesto urbano, è una sagoma bidimensionale ritagliata su uno scenario che non gli appartiene. Il suo abbigliamento potrebbe evocare i primi decenni del secolo scorso, ma è indefinibile. A sottolineare l’atmosfera surreale, il particolare delle estremità, che varcano i margini protraendosi oltre la superficie dell’immagine per entrare in un’altra dimensione spaziale e temporale, un tentativo di uscire dai confini designati dell’opera. L’uomo solo, sul limitare fra mondi, è metafora dell’eterna solitudine metropolitana. Qui, come in altre opere, Tieri ha sperimentato il grande formato nella xilografia, realizzando un polittico di fogli affiancati, approdo di un processo per trascendere la realtà e giungere a una nuova visione estetica, percettiva ed emotiva. Il grande formato suggerisce la dilatazione dello spazio, l’espansione del soggetto, una “immersione nel contemporaneo” che molti artisti, italiani e non, hanno sperimentato nella xilografia negli ultimi decenni, ma che vanta esempi nella storia, mostrando una vocazione alla monumentalità insita in questa tecnica più che in altri procedimenti della grafica d’arte.
“Amodale” è il termine con cui l’artista stesso definisce l’allontanarsi dall’oggettività per lasciar trasparire significati metafisici e simbolici, in cui il ruolo della cornice è determinante. Una ulteriore svolta di carattere concettuale, al centro delle ricerche più recenti dell’artista e sempre impaginata nel grande formato, nelle formule del dittico e del polittico, ha come soggetto le stazioni ferroviarie, altro modo per esprimere la città, attraverso il luogo e i mezzi che ne consentono l’accesso. Ma anche in questo caso, ci troviamo di fronte a stazioni deserte (Andata e ritorno, fig. 6), a treni rugginosi in sosta in cui i viaggiatori sono nient’altro che ombre al loro interno (Treno di prima mattina, fig. 7), non luoghi di comunicazione, ma mezzi di trasporto in transito per convogliare l’isolamento di ciascun essere umano in queste tappe desolate dell’esistenza. Vagoni (figg. 8-10) e Destinazione ignota (fig. 11) sono l’esito di un processo che va letto in sequenza, dalla singola xilografia, poi due affiancate, in seguito divise a formare un dittico, e ancora riprese e rimeditate con la parziale copertura dell’immagine. Un susseguirsi di passaggi che non modificano la matrice ma la percezione della figurazione, protratta fuori dalla cornice verso un altro tempo e luogo. La messa in scena concettuale di Enigma del viaggio (fig. 12), isolando una parte della composizione, accentua all’infinito la vertiginosa prospettiva di una banchina ferroviaria. La xilografia intende porsi in questo modo come finestra su mete sconosciute, oltre la realtà sensoriale, esplorata dapprima dall’artista tramite gli stadi emozionali del disegno schematico e della pittura: in quest’ultima, stesa a sottili filamenti di colore, di provenienza divisionista, prevale la ricerca stilistica, preludio al linguaggio graffiante della sgorbia di Tieri, peintre-graveur del nostro secolo.

Prof.ssa  Anna Mariani (storia del disegno e della grafica d'arte) 2019
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Grafica d'Arte
"Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno" 2017
Xilografie italiane contemporanee dal 1965 al 2017 

"Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno", numero interamente dedicato alla xilografia contemporanea dal 1965 al 2017. Al suo interno Tieri è inserito in qualità di xilografo contemporaneo in "Figure di uomini e donne in alcune xilografie e linoleum contemporanei" e "Schede di artisti ".
                                                   
                                                                                                                                                                 
L'uomo con il cappello di Pierangelo Tieri, calato in una strada di città a ridosso di un palazzo. Sui muri, ridotti a volumi cubici, sospesi tra realismo visionario e deserti metafisici, convivono, attraverso il meticoloso e quasi meccanico ripetersi dei segni, ombre di presenze che non si vedono. Strade senza marciapiedi, a sottolinearne, forse, l'inutilità; porte e finestre sbarrate, androni scuri. Tutto tace, tutto è senza storia. Il cielo, poi, reso anch'esso con toni di grigio, è un tutt'uno con il plumbeo-cinereo dell'asfalto. Lui è statico, inerte testimone dell'esistenza, con i suoi orrori  e terrori, attore di una scena infinitamente silenziosa e deserta. Lo sguardo interrogante, dagli occhi appena accennati, racconta il desiderio di uscire dal contesto, ma la città, assolutizza in pareti verticali a strapiombo e strette finestre appena disegnate con grate sottili, non dispensa facili opportunità bensì terreno ulteriore di paradossale solitudine.

Prof. Settimio Marzetti (critico d'arte) 2017



Particolari apparentemente comuni del contesto urbano sembrano essere l'oggetto principale delle raffigurazioni di questo artista. Infatti una delle caratteristiche che accompagna alcune xilografie di Pierangelo Tieri è un'ambientazione dei soggetti del tutto particolare, una sorta di opacità che avvolge ed ingloba le case, le vie, i personaggi. Un caso emblematico in questo senso è offerto da Lampioni, un'opera di grande formato su legno di filo, che rappresenta una via in un'ora notturna: una fila di tremolanti luci crea un debole chiarore in un'atmosfera buia, silente e lattiginosa ottenuta con tratti quasi esclusivamente verticali, che lasciano trasparire sul fondo i palazzi cittadini. Questo soggetto è stato replicato dall'artista, con varianti, in diversi lavori. 
Gli aspetti della città raffigurati da Tieri hanno in comune una sorta di immobilismo, quasi un silenzio reso più tangibile dalla sua particolare tecnica. Contrastano forse con questa tendenza altre raffigurazioni urbane come il dittico xilografico Manhattan o visioni di vagoni ferroviari visti dall'esterno.

Prof. Paolo Bellini (critico e storico della grafica d'arte) 2017
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Istituto Centrale per la Grafica, Roma
  "Segno e Insegno" 
  Atti del 1° Congresso Nazionale dei Docenti di grafica d'arte 
Accademie di belle arti italiane, 2016



"La Xilografia nella logica del grande formato"

Dopo alcuni anni di incomprensibili tentativi per realizzare opere xilografiche di grande formato nelle Accademie di Belle Arti, la xilografia in grande formato trova oggi nel primo Congresso dei docenti delle Accademie, una sua importante e logica collocazione sia in ambito amatoriale che professionale.
I fattori che stimolano l’interesse nella comunicazione visiva di grande formato sono indubbiamente il messaggio dell’immagine, che deve lasciare intravedere un rapporto di interesse oggettivo, e la grandezza della stessa, come formula d'impatto.
Il grande formato determina l’immersione nel contemporaneo. La città che ci circonda fa parte ormai del nostro vivere quotidiano; tutto ciò che la completa e la arreda torna utile al fare grafico; i grandi formati, come ad esempio i cartelloni pubblicitari, si trovano lungo le strade, le piazze, sulle facciate degli edifici in restauro; ci ricoprono, tappezzando in lungo e in largo, col fine della promozione. In tutto questo il grande formato ben si adatta ad essere utilizzato come messaggio artistico.
Le Accademie dal canto loro, in ritardo, si stanno attrezzando ed adeguandosi a questa nuova collocazione artistica. Esse sono situate in bellissimi edifici antichi, permeati di storia e cultura, nei centri storici delle città d’arte, e molto spesso hanno carenze di grandi spazi, che purtroppo creano una limitazione ai docenti e soprattutto agli studenti nella programmazione di lavori più complessi.
Come ad esempio le xilografie, che meglio si prestano alla Grafica d’Arte di grande formato, sia per la comprensione che per la realizzazione, facendo sì che gli studenti riescano meglio a cogliere e a relazionarsi con questa tecnica, per poi proiettarsi in una grafica di grande dimensioni.
La realizzazione di tali lavori comporta un impegno molto spesso faticoso e l’obiettivo non si raggiunge se non con decisi compromessi, affinché il progetto non venga deviato o molto spesso abbandonato. Applicando il rapporto spazio/allievi, il più delle volte tali attività sono destinate ad essere eseguite fuori dalle ordinarie attività lavorative dei docenti. Non dico che non sono possibili, ma si impiega un tempo indeterminato per ottenere risultati minimi.
L’impegno di noi docenti e lo stimolo che diamo agli studenti viene gratificato con il risultato finale determinato dalla votazione e dalla partecipazione ad eventi espositivi che premiano gli allievi attraverso il buon lavoro del docente. Se si producono più prodotti funzionali, naturalmente maggiore sarà la conoscenza dell’offerta formativa dell’Accademia e l’immersione nel contemporaneo non verrà frenata.
Il procedimento della stampa xilografica di grande formato presentato al primo Congresso Nazionale dei Docenti di Grafica d’Arte, ha voluto mettere in luce la complessità di esecuzione che tale situazione determina. Mediante la visione di un video si è potuta constatare la meticolosità, con la quale le varie fasi di stampa si sono susseguite, e la conoscenza degli specifici passaggi di rito per la buona riuscita della stessa.
La stampa finale è risultata di grande effetto; costituita da quattro fogli di 70x100 centimetri che compongono la totalità dell’immagine, si sviluppa per una superficie di 2 metri per 1 metro e 40. L’aggiunta poi di sagome colorate la rende ancora più suggestiva.
Pierangelo Tieri, in maniera meticolosa e attenta ha dato con la sua opera un ottimo risultato ed una grande soddisfazione ai docenti che hanno seguito il risultato del suo lavoro, ma soprattutto all’Accademia di Belle Arti di Napoli, che ha reso possibile attraverso vari compromessi il raggiungimento dell’obiettivo.
Non sempre però è possibile realizzare stampe composte a più fogli, di grande formato, perché il tempo a disposizione e gli spazi di lavoro sono ristretti, ma una sinergia con un protocollo ad hoc tra Accademia e stamperie d’arte potrebbe essere la soluzione migliore sia per veicolare i prodotti che per promuoverli nel mondo dell’arte.
In una nazione come la nostra, dove l’arte è fonte di turismo, interesse storico, attrazione verso l’antico, non c’è motivo ancora di tergiversare con il mondo creativo, alimentato dall’estro che i nostri giovani posseggono: bisogna dare loro la possibilità di trovare una collocazione matura che dia sicurezza nel panorama lavorativo europeo.
Nel Convegno “Segno e Insegno” nei dibattiti affrontati è emerso la mancanza di una volontà politica che investa maggiormente nell’arte, che permette all’arte contemporanea, prodotta all’interno delle Istituzione accademiche, una maggiore visibilità globale, capace di oltrepassare le frontiere.
All’interno delle Istituzioni accademiche, il settore della Grafica ha finalità di educare, ricercare, promuovere, diffondere e produrre l’arte.

Prof.ssa Maria Angelica Molinari (grafica d'arte) 2013


   Mostra collettiva, dal catalogo "Segno e Insegno", Roma
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  Testi critici
      

 
"Nel solco della memoria.
           Tradizione e innovazione nelle xilografie di Pierangelo Tieri"         

Je n’ai pas encore connu le plaisir d'un plan réalisé

                                                                                                              Charles Baudelaire

In un paese nascosto tra i monti Aurunci, un bambino di circa otto anni siede al tavolo della cucina, completamente concentrato su qualcosa che lo rapisce. I suoi genitori stanno ricevendo il loro nipote più grande che ha portato un ospite. L’uomo ha al collo una macchina fotografica, con sé alcuni obiettivi e una cartella piena di fotografie: scatti di volti degli abitanti del paese, molti gli sono familiari, addirittura parenti, ma ora li guarda attraverso un filtro che è simile a quello della memoria.
Le immagini catturano l’attenzione del fanciullo, lo trasportano velocemente in una dimensione trasfigurata che lo seduce e lo attrae, non saprebbe spiegarne il perché. Appena i due si congedano: - Voglio una macchina fotografica! - esclama.
Ma negli anni Settanta del secolo scorso, sebbene il Paese si sia rapidamente avviato verso una trafelata crescita economica, non è così semplice procurarsene una. Non tra quelle remote colline traboccanti di olivi e papaveri. Un diletto poi, per un ragazzino così piccolo, così imprevedibile! Potrebbe non avere cura di un oggetto costoso, potrebbe stancarsene, e dunque: - per il momento non si può, tu però, intanto, disegna! -.
Quell’ospite era Emilio Bestetti, fotografo e direttore della fotografia per molti registi, fra tutti, Roberto Rossellini; il ragazzino era Pierangelo Tieri (mentre il cugino più grande, giunto da Roma con l’amico, era Domenico Adriano, poeta di rara e musicale grazia).
Un episodio, questo, che sembra contenere in nuce tutta la vocazione e il destino del futuro artista.
Come nel mito platonico di Er, l’anima sceglie il proprio “compagno segreto”; daimon lo chiamavano i greci, genius secondo i latini, angelo custode, per i cristiani.
James Hillman, nel suo ormai notissimo “Il codice dell’anima”, riferisce come la chiamata, la vocazione alla propria individuazione, sia un percorso ineludibile, niente affatto casuale.
L’immagine della ghianda si presta perfettamente a descrivere questo concetto: seppur piccolissima, contiene in sé la globalità perfettamente definita dell’intera quercia.
È così che Pierangelo percorre a rebours la strada che porta a quelle prime immagini incantate, iniziando dal disegno, per poi passare alla xilografia e infine tornare alla fotografia come strumento di rapida annotazione, quasi diario intimo.
Partito da quelle visioni monocrome, sensuali evocatrici di un altrove, da quella grana sottile fatta di emulsione fotosensibile e di minuscole particelle di sali d’argento, l’artista trova i propri mezzi espressivi e li esplora. La verticalità delle sue trame segniche rappresenta una reminiscenza di quanto l’occhio vide e trattenne nella sintesi tonale del bianco e nero, ma anche una personale cifra espressiva.
Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone e poi di Napoli, e conteso all’inizio tra scultura e disegno, Pierangelo Tieri trova nella tecnica silografica su legno di filo la sintesi felice fra due istanze: quella tridimensionale e volumetrica, che lo porta a desiderare di plasmare la materia, e quella astratta, grafica, dove però è per lui insufficiente la consistenza bidimensionale del foglio, e allora si fa legno, sgorbia, bulino. L’originalità del suo approccio tecnico discende in linea diretta dalle ricerche antiaccademiche e antinaturalistiche delle avanguardie artistiche del Novecento, dal postimpressionismo agli espressionisti.
Allora, la valenza icastica del segno xilografico lo fece apparire come un idioma efficace per esprimere le istanze di rinnovamento e di rottura: Paul Gaguin, Edward Munch, i pittori che presero parte alla Brüke, scelsero questo linguaggio proprio a causa delle caratteristiche di immediatezza e delle implicazioni gestuali che la tecnica offriva.
In piena sintonia con questo modus operandi, l’artista affronta il blocco di legno come fosse una scultura e incide la superficie con ceselli, coltelli, punteruoli e vari tipi di sgorbie.
L’uso della sgorbia a V gli permette di scavare la matrice con un unico gesto, senza il taglio e controtaglio del metodo classico. Il procedimento rende molto più semplice e soprattutto immediato il suo lavoro, facilitandone l’espressione del linguaggio.
Questo strumento, introdotto con le avanguardie artistiche del Novecento, permette una velocità esecutiva che se all’epoca fu essenziale per l’aggiornamento del linguaggio grafico, nell’opera di Tieri diventa sperimentazione portatrice di una gestualità insita nel suo lavoro e dei segreti della materia su cui opera, complice la cedevolezza dell’essenza prescelta: il pioppo.
I paesaggi urbani, le stazioni, i treni isolati da un’inquadratura spesso cinematografica, sono il terreno d’indagine di un artista che accoglie e reinterpreta il valore dell’ombra, ed anche, io credo, l’aspetto rilevante del suo lavoro. Una poetica di struggente nostalgia è espressa in figura di specchio deformante, infinito e illusorio, dove immagini chiare, riconoscibili, cedono ad altre oscure, indecifrabili. Sono i progetti, gli abbozzi di una realtà che si può solo avvicinare, per piccoli e puntuali passi, ma non del tutto possedere.
Il valore dell’esistenza non è mai appreso immediatamente nell’atto percettivo, ma è colto nel trascendimento di questo.
Una Pioggia senza fine sembra percuotere i cieli descritti dall’artista, di più, sembra velare la nostra lettura della rappresentazione. 
Come nel racconto di Bradbury, le opere di Pierangelo Tieri accennano a un mondo parallelo, un paesaggio venusiano immaginato molto simile al nostro, in cui però piove ininterrottamente.
Solo una cupola solare, con la sua piccola sfera di fuoco, potrà salvare gli uomini naufragati su quel pianeta dalla disperazione e dalla follia. Anche in questi fogli, la vegetazione sembra crescere a vista d’occhio, pallida e perlacea perché in quella pioggia la luce che filtra non basta per regalare un po’ di colore alle foglie e alle piante.
Pioggia, nebbia. Emerge una certa dose di dinamismo attraverso il fenomeno atmosferico, che il foglio di grandi dimensioni accoglie e dilata.
Nelle opere “Manhattan” (2015), “Lampioni” (2016), “Dal Quirinale” (2017), “Di mattina presto” (2017), “Napoli verso il Vesuvio” (2018), “Venezia” (2018), “Treno in galleria” (2019), si scorgono, sedimentati, i numi tutelari di un percorso storico-artistico in parte dichiarato e in parte interiorizzato. La vie moderne è colta nelle sue rappresentazioni più efficaci e in accordo con i grandi cantori della modernità, da Charles Baudelaire a Giuseppe De Nittis, a Giacomo Balla.
Lo sguardo di Pierangelo Tieri cerca instancabile nella solitudine esistenziale delle città, nell’atmosfera sospesa dei vagoni, ciò che di eterno e duraturo si nasconde nel presente e nell’effimero.
La tensione del processo ideativo trascorre in questo caso “dal materiale stesso e dal percorso della mano” (Fossier 1990), in quanto gli “ingredienti” non sono mai in secondo piano; fondamentale in questa sottile alchimia è inoltre l’elemento temporale, che scandisce il ritmo dell’esecuzione: l’artista lavora sul blocco di legno, eseguendo con una certa immediatezza il disegno a carboncino direttamente sulla matrice da incidere. L’esecuzione non prevede prove intermedie di stampa, né l’artista si avvale di polveri colorate per vedere più chiaramente i contorni che va intagliando.
La stampa viene eseguita rigorosamente a mano, con il Baren e le carte orientali da lui accuratamente selezionate, spesso nei toni caldi dell’avorio e del giallo, per ottenere più mistero che chiarezza. Non più di quattro, cinque esemplari per soggetto.
L’elemento imponderabile, la fascinazione provata nel sollevare il foglio capovolto per scrutarne l’immagine impressa, diventano il centro gravitazionale di una ricerca che considera sé stessa come unico soggetto, quindi mezzo privilegiato dell’ideazione e dell’individuazione. Così, laddove l’incisore tradizionale persegue il perfetto controllo della tecnica, prevedendo in anticipo gli esiti di ciascun segno, l’autore recupera quel primo stupore infantile di fronte agli scatti del fotografo, fa tesoro di quella freschezza.
Da osservatore appassionato, si affida all’elemento immediato, casuale, istantaneo, felice di prendere dimora nell’ondeggiante, nel movimento, nel fuggitivo e nell’indefinito.
C’è molta riflessione sedimentata in questi lavori, compresa la suggestione che proviene dalle “immagini del mondo fluttuante”. Ma è Giacomo Balla l’ascendente artistico incidente per Pierangelo Tieri, che ama riflettere sul dinamismo della luce e dei fenomeni atmosferici.
La “Lampada ad arco”, rappresentazione di un oggetto comune e perfino banale, fu una scelta teorica per Balla: dimostrare la superiorità di un bagliore elettrico rispetto all’ispirazione prodotta da un chiaro di luna.
Negli ultimi lavori: “Verso sera” (2022), “Riflessi notturni” (2022), “Cipresso all’imbrunire” (2022), “Bagliore serale” (2023), “Notturno sul lago” (2023) questa riflessione si estende al paesaggio, indagandone le minime variazioni atmosferiche e quelle stagionali, caratterizzata da una dichiarata preferenza per l’ambientazione notturna. Si tratta di un ulteriore passaggio a un livello di consapevolezza superiore, una sintesi estrema tra la rappresentazione e il suo rovesciamento, l’astrazione.
Infine, una riflessione sulla tecnica. La xilografia, nata con l’affermarsi della produzione cartaria, per la riproduzione seriale di piccole immagini devozionali o per stampare le carte da gioco, fu, a più riprese, con il cambiare dei tempi, completamente rivoluzionata, sia nella pratica che nell’impiego. Fra tutti, Albrecht Dürer contribuì in modo fondamentale a distaccare la silografia dalla mera funzione illustrativa per diventare opera autonoma e originale, portando inoltre la tecnica a un livello di ineguagliata raffinatezza stilistica.
Come già accennato, sarà con le avanguardie artistiche del Novecento che le sperimentazioni modificheranno e ribalteranno l’intaglio tradizionale, e la stampa diverrà portatrice della gestualità dell’artista e della materia su cui opera. Inoltre, a partire da queste esperienze, la xilografia condensò e aggregò tutte quelle istanze che reagivano all’idea della stampa intesa come opera di “traduzione”, riproduzione e diffusione dell’immagine attraverso la serialità.
In Italia, un forte impulso al rinnovamento di questa tecnica si ebbe al principio del secolo scorso grazie all’editoria periodica. Si pensi, soltanto per citare alcune riviste, a “L’Eroica” (1911), “Lacerba” (1913) e “Xilografia” (1924); molte di queste raccolsero intorno a sé i migliori xilografi italiani, vi presero parte sia autori più strettamente legati alla tradizione, come Adolfo De Carolis, Diego Pettinelli e Bruno da Osimo, che figure più “europeiste” come Lorenzo Viani ed Ebba Holm. Ma su tutte vorrei qui ricordare il periodico “La Diana” (Siena 1926) che ebbe il merito di aver pubblicato, nella sua prima annata, numerose xilografie di Dario Neri. 
Un inconsapevole nume tutelare, quest’ultimo, ma nell’assonanza più vivo di tutti; quella “nuova xilografia”, che prediligeva la linea pura, la contrapposizione netta del bianco e nero, che prendeva a modello lo stile dei primi illustratori del libro e in una certa misura la stampa popolare, sembra rigenerarsi, avere nuova linfa per mano di Pierangelo Tieri.
Pazientemente, e in amorevole ossequio della materia, il suo operare continua a scavare il legno. Cerchi e venature ne tracciano gli anni, così come l’attento incalzare delle sgorbie estrae con devozione la varietà delle tematiche trattate: dai soggetti naturalistici, come gli alberi, considerati isolatamente o contestualizzati, o i mutamenti che la città manifesta, con le sue gallerie desolate, i suoi treni in attesa.
Sembra, scorrendo questi lavori, che Pierangelo Tieri abbia tenuto fede a una regola non scritta: accogliere l’idea di un continuo movimento, di una trasformazione sempre in fieri di cui l’operare artistico si fa erede e testimone. E forse è proprio questo le plasir: un progetto da tracciare ogni giorno.

Gabriella Pace (poeta e scrittrice) 2024


                               Mostra personale, dal catalogo "Ortografia del viaggio", Ghiffa (Vb)
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     "Primavera d'estate"  
                                             
Austero fantastico svettante cipresso, quello dipinto dell'eccelso Artista di notoria attestata capacità illustrativa del proprio pensiero ecologico, che inscena sulla tela una bellezza che si specchia, con delicata fattura, in una trasparente acqua intravista tra colline circondate di pulsante verde quale sinonimo di una vita che s'innalza verso un celestiale infinito.
Straordinaria visione di segni e verdeggianti cromie di ampie tonalità magistralmente graffiate, quella posta in mostra da Pierangelo Tieri, che sa come spaziare nelle armoniche profondità della propria interiorità, emergendone per spandere l'acquisita gradevolezza per una natura nutrita di velata colorazione appagando l'occhio del fruitore che se ne nutrisce delle profonde sensazioni.
Amabile freschezza figurativa di carattere impressionista, quella di Tieri, che sa farsi emozionante sensibile speciale dialogo con lo Spettatore calamitato all'interno del realizzato incanto scaldandone il cuore inebriato di serena quiete e di ignote vibrazioni in consonanza con una primavera elaborata dai propri musicali impressi tratti e colori che sanno farsi romantica poetica.
Inafferrabile coscienza artistica, la sua, diretta da un'appassionata capacità sperimentativa di colti segni e tecniche artistiche che nel dipinto emergono con una affascinante naturalezza raffinata delicatezza inscenata dai suoi colti pennelli educati dall'Artista ad un "bel Dipingere" che nella fattispecie si chiama "Primavera". 
Meravigliosa opera dunque, questa di Tieri, saputa essere resa ammantata di sentimenti dai quali si evince la luminosità attraversata dalla propria tavolozza cromatica e sia la riconosciuta esclusiva eccellenza segnica che, all'unisono, anche nelle "Primavere" trascorse hanno reso L'Artista di grande visibilità e pregio, nonché molto ricercato dal collezionismo nazionale ed estero.

Giorgio Palumbi (critico d'arte) 2023


                                    Mostra collettiva, dal catalogo "La Primavera nell'Arte", Roma 
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La sacralità è contenuta, risolta nella maternità di una madre e di un figlio, fatti una sola cosa e tenera dalla veste di foggia africana che li abbraccia, i quali viaggiano un cammino periglioso e incerto, il cammino della vita per chissà dove, forti però della forza naturale dell'amore.

Prof. Marcello Carlino (critico e storico letterario) 2023


                      Mostra collettiva, Menzione Speciale "XXXIV  Porticato Gaetano", Gaeta (Lt)
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Attraverso il volto della xilografia l'artista Pierangelo Tieri pone l'accento sulla trasfigurazione della città, del contesto urbano e paesaggistico. Al centro di siffatta interazione si staglia la riflessione concernente l'individuo nel suo relazionarsi con le ampie ramificazioni tipiche di un vasto tessuto metropolitano. L'illustrazione di questo dialogo, di questa metamorfosi, si traduce nella realizzazione di opere estremamente energiche e di grande impatto emotivo. Un viaggio a ritroso per evolversi in armonia con ciò che si è stati. Un naufragio nelle memorie affettive del passato e nella loro archeologia emotiva.

Fabiana Di Fazio (giornalista) 2022


                                 Mostra collettiva, dal quotidiano "L'Inchiesta", Boville Ernica (Fr)
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Nelle grandi incisioni di Pierangelo Tieri, penso in particolare alle recenti xilografie Treno in galleria del 2019 e Attraverso del 2020 presentate a questa terza Biennale di Olzai, si riflette uno spleen, una sottile e penetrante malinconia del vivere che non lascia scampo e le connota in termini esistenziali. L'artista usa velare come d'una cortina di minuti tratti spioventi le immagini degli scorci metropolitani o, come in questo caso, dei convogli in transito o in sosta nelle stazioni ferroviarie. L'espediente grafico induce un senso di straniante solitudine nel deserto dell'ambiente, che è luogo simbolico dell'assenza. Nelle due immagini ci sentiamo calati nel profondo del vissuto e indotti a una riflessione sull'essere e sul tempo. Ci si chiede cos'è lo scorrere della nostra vita nel flusso ininterrotto del tempo, quando la avvertiamo affidata, come in questo caso, alla figura d'un treno in sosta o che passa veloce, ma che per il fermo immagine percepisci immobile. Con poche indicazioni prospettiche - non una griglia o un impianto spaziale, ma un sommario telaio di agili linee - l'incisore dà l'idea dell'oggetto che scorre nello spazio ed è assorbito dal velario dei tratti spioventi, come se sugli oggetti e nello stesso spazio calasse la nebbia e ogni cosa svanisse. Ecco, in Tieri mi sembra che conti questa idea del tempo che tutto assorbe e rende lo spazio luogo dell'assenza. A questa logica credo risponda anche l'idea grafica di introdurre una  figura di donna che, pura sagoma bianca delineata nello specchio inciso dell'immagine, ne fuoriesce solo con la punta d'un piede che avanza nella nostra dimensione e nel nostro tempo di osservanti, qui e ora. È una figura in negativo, una forma del vuoto che forse assumerà sembianze riconoscibili, sempre che il nostro sguardo sappia associarla a una qualche presenza personale, cioè in qualche modo confidente. Perché la bianca sagoma di donna in primo piano, che smargina sulla linea di base col piede che avanza, dunque carpita allo specchio inciso, è una anonima e aliena figura dell'assenza che chiede di appartenerci come figura della memoria.

Prof. Nicola Micieli (critico e storico dell'arte) 2021


            Mostra collettiva, nota di presentazione "III Biennale dell'Incisione Italiana", Olzai (Nu)
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                            "Pierangelo Tieri: l'incisione stessa dell'esistenza"

L'incisionecoincide da sempre, con lo spirito di una civiltà. È un mondo reso visibile dal bulino, dalla punta della sgorbia o da qualsiasi altro attrezzo che l'artista si costruisce. Una lastra che apre al mondo ciò che non vediamo, reso visibile dalla bravura e soprattutto dalla visione interiore del maestro. Pierangelo Tieri, l'ho conosciuto a Coreno Ausonio, in occasione della premiazione del concorso di poesia sul tema della "Costituzione". Lui ha ideato la copertina del libro. Pierangelo è un artista dallo sguardo profondo, entra dentro le cose per poi trasformarle in percorsi interiori e poi introspettivi, esplora il volto umano e in definitiva l'anima della persona. Riesce ad esteriorizzare la percezione della pupilla sulle xilografie in cui la solitudine delle città o dei viali è malinconia pura, trasformandole in qualcosa che si espande e prende luce, ancorché invisibile. La ragione dell'invisibile che cede l'emozione al paesaggio-stato d'animo, che riassume con chiarezza l'essenza di un percorso dalle infinite sfumature. 
Pierangelo Tieri un artista che incide la poesia delle sue visioni, su materiali difficili da trattare, con tecnica e maestria, tratteggia luoghi senza anima dotandoli della sua anima, in cui si riflette il battito del suo cuore, all'unisono con il battito di colei che guarda le sue opere. Una fusione di insiemi, espressioni di "scavi" nella materia ostile, resa docile dal suo sentire prima ancora del vedere. Una rivoluzionaria modernità contemporanea tracciata su linee malinconicamente poetiche che rimandano alle armonie, capaci di far risplendere la luce, in ogni tratteggio inciso, della composizione. Una visione a volte molteplice, a volte univoca, ma sempre intensamente emozionante, che ti spinge a cercare tra le "righe" il suo sentire, frammentato e ricompattato, da una anima dilaniata da emozioni che lo spingono ad utilizzare note di colore a incendiare il crepuscolo con gesto fulminante verso la visione naturale del futuro. In queste incisioni la bellezza è qui, è dentro i solchi dell'aratura, e ci sarà sempre, in divenire. Ogni volta una scoperta, un particolare, un segno del visibile che espande la bellezza dentro la forzatura della profondità, ricca di quesiti insoluti, in forma simbolica, gonfia di significato, assumendo un compito straordinario da aprire un varco sulla nostra infelicità. 

"Sono corpo del tempo/ svuotato, ma non di tormento/ veglio su quel che brucia/
Sei sogno, arte, magia/ sei ispirazione/ e il tuo pianto bianco/ è come il mio tremito". 

Claudio Caldarelli (poeta e scrittore) 2021 

  
                                                       Dalla rivista "Stampacritica", Roma         
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                                                 "Attraverso il legno, le sue voci" 

Fra le tecniche della grafica d’arte, la xilografia – la più arcaica – ha mostrato, in misura maggiore rispetto alle altre, la capacità di assorbire le innovazioni della modernità. Le avanguardie europee dei primi decenni del Novecento, a partire dalle sperimentazioni di Paul Gauguin ed Edvard Munch, hanno documentato la vitalità inesauribile di un procedimento in continuo aggiornamento e trasformazione. Il suo incanto sta nella profonda coscienza del supporto – “la inimitabile voce del legno”, come scrisse Ettore Cozzani (“L’Eroica”, IV, n. 27-28, aprile- maggio 1914), brillante promotore del rilancio artistico della xilografia italiana, sottratta al ruolo ancillare di illustrazione editoriale e divulgazione di immagini popolari. Il lavoro sul segno e la materia, aperto a incessanti indagini che includono la gestualità come componente fondativa del linguaggio xilografico, spiega l’attenzione verso questa tecnica in seno ai movimenti informali e neoespressionisti. Il ricorso ad essa da parte di artisti odierni conferma l’attualità di un medium antico, oggi spesso orientato al grande formato (anche di questo non mancano esempi fin dal Cinquecento) adeguandosi alle istanze contemporanee e alla dimensione installativa.
Nella storia di riaffermazione della xilografia, il lavoro di Pierangelo Tieri si inserisce adottando uno stile personale, efficace per manifestare la propria visione del mondo. L’artista predilige il grande formato, componendo occasionalmente dittici con stampe accostate che dilatano lo spazio e la percezione di chi guarda. Una ricerca di carattere concettuale che permette alla xilografia inedite aperture.
La realtà urbana nelle xilografie di Tieri affiora da una cortina di segni fittissimi che scalfiscono con gesto energico il legno, restituendo un’immagine sfocata e priva di contorni, con forme intagliate in negativo, a risparmio, e tuttavia ancorate ad un saldo impianto prospettico. La riconoscibilità dei luoghi (Parigi, New York, Roma, Venezia), affidata a inquadrature da cartolina, è offuscata dalla tecnica graffiante, un incidere la matrice con effetti che generano  un horror vacui improntato a verticalismi vertiginosi, esaltando la qualità del legno di filo, contrastato da poche tracce orizzontali od oblique per definire lo spazio. Un lavoro scultoreo di sottrazione sulla superficie, di sintesi astraente e potentemente antinaturalistica, che lascia emergere dall’azione di intaglio e di scavo aspetti introspettivi, emotivi, psicologici insiti nei contesti urbani. Nella trasposizione sul legno le vedute marine perdono la cristallina luminosità e rinunciano ad ogni effetto pittoresco, lasciando vibrare la loro anima notturna. La tecnica rigorosa si offre a uno sguardo nuovo (è il nostro sguardo, mutato dall’arte) emozionale e interiore.
La fotografia, spunto documentario di partenza per la costruzione dell’immagine, è il primo passaggio attuato da Tieri per filtrare la realtà; seguono il disegno e la pittura, quasi studio preparatorio all’incisione, lasciando prevalere sul naturalismo la ricerca stilistica con il colore tracciato a filamenti, preludio al lavoro della sgorbia. La pittura sorregge l’incisione, ha funzione progettuale quanto il disegno, tramite il quale Tieri traccia lo schema essenziale della composizione. Ciò che la fotografia registra, la pittura trasfigura e la xilografia amplifica e approfondisce.
Oltre a città disabitate – colpisce l’aspetto del ponte di New York irrealmente sgombro – la dimensione metropolitana è evocata dal vagone ferroviario, inteso non come veicolo di comunicazione sociale ma come oggetto da indagare e avviluppare in graffi serrati di luce che ne scarnificano l’aspetto. Fermi in stazioni desolate, nei treni transitano solitudini fatte di ombre e sguardi distanti. Tale è la presenza umana nelle opere di Tieri: rara, enigmatica, apparentemente fuori scala, eppure pregnante. L’uomo col cappello (l’uomo solo), xilografia del 2005 che segna l’avvio di ricerche feconde, compare in un silente Angolo urbano quasi a volerne sottolineare l’alienazione: volge le spalle alla strada, mentre il suo abbigliamento desueto richiama una condizione universale e senza tempo. Una nuova meditazione sull’espressionismo metropolitano, in una forma non aggressiva e più malinconica, inesprimibile e misteriosa come quel volto in controluce che alla città pare volersi sottrarre, definendo la propria estraneità e mancanza di integrazione. L’uomo, di fatto, è solo, una sagoma bidimensionale ritagliata sullo sfondo di architetture di impronta nordica, in procinto di abbandonare quel luogo come dimostrato dalla variazione sul medesimo soggetto, a figura intera, con la punta del piede che fuoriesce dai confini designati dell’opera, muovendo un passo verso lo spettatore e rivendicando una vita autonoma e una libertà oltre lo spazio misurabile del foglio.
La xilografia viene così rivisitata mediante un montaggio in postproduzione, una messinscena al centro della quale vi è il rapporto dinamico della cornice in dialogo con la raffigurazione. L’uso espressivo del passepartout, finestra sull’immagine e sul mondo delle forme dell’arte, non solo inquadra, ma nasconde, divide e conferisce una nuova struttura alle composizioni. Nel gioco delle cornici, i personaggi si muovono fuoriuscendo timidamente dal contesto, oppure affidando a una traccia il ricordo del loro passaggio, come nelle due xilografie di Attraverso, che portano avanti, al femminile, la ricerca iniziata con L’uomo col cappello: nella prima un’ombra ocra si avvia fuori dall’immagine, lasciando, nella seconda, la stessa ombra, bianca, ritagliata sullo sfondo a marcare la definitiva assenza. Così, nel trascorrere da un’opera all’altra, pare di percepire il passare del tempo, fra apparizioni e sparizioni. Un “prima” e “dopo” che offre riflessioni sul valore espressivo dello “stato”, operatività peculiare della grafica d’arte fin dai suoi albori, grazie alla quale è possibile fissare di volta in volta, con la stampa, le variazioni anche minime apportate sulla matrice, visualizzando il work in progress dell’artista, ben prima che questa consapevolezza del fare artistico venisse codificata dalla contemporaneità.
Il titolo – Attraverso – allude forse all’inafferrabilità del vedere, è un invito a uscire dall’apparenza di forme riconoscibili e rassicuranti per soffermarsi sulla sequenza e il ritmo delle fratture delle fibre lignee, assaporandone la materia e le cromie, dal seppia al ruggine fino al bianco, colore saturo e abbagliante.                                                        

Prof.ssa  Anna Mariani (storia del disegno e della grafica d'arte) 2020


              Mostra personale, dal catalogo "traME. grafica incisa di Pierangelo Tieri", Arpino (Fr)
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                       "Il Leopardismo metropolitano di Pierangelo Tieri"
                                                                          
La storia dei rapporti tra arti visive, letteratura e filosofia può frequentemente riservare piacevoli sorprese. Una di esse è il “rapporto a distanza” intercorrente tra le xilografie a tema urbano di Pierangelo Tieri e la sensibilità manifestata da Giacomo Leopardi nelle lettere scritte durante il suo primo, deludente soggiorno a Roma. A tutta prima sembrerebbe impossibile accostare il profilo di questo originale artista di Coreno Ausonio a quello del poeta-filosofo marchigiano. Tuttavia, a uno sguardo appena più approfondito, si può constatare che il classicismo “eroico” di quest’ultimo non impedisce alcuna reale interazione col tenebroso postmodernismo del primo. A fare da punto d’incontro tra Tieri e Leopardi, infatti, ci sono a mio avviso due elementi: a) la capacità di cogliere lo spirito della città in dettagli apparentemente insignificanti o quantomeno inessenziali; b) una significativa attenzione per la solitudine e l’anonimato intesi come tratti caratteristici della vita delle metropoli. In merito al primo elemento è opportuno considerare la propensione, presente sia in Tieri che in Leopardi, a soffermare l’attenzione su oggetti e situazioni marginali e quotidiane lasciando in secondo piano la componente “monumentale” della vita delle grandi città. Si pensi alla Parigi o alla Manhattan incise dall’artista corenese, nelle quali è possibile scorgere lampioni, vicoli, palazzi, ringhiere ecc. ma non la Torre Eiffel né la Statua della Libertà; oppure si pensi alla commozione provata da Leopardi di fronte alla sobria austerità della tomba di Torquato Tasso, da egli esplicitamente contrapposta alla solenne vuotezza degli altri mausolei romani. La verità dei grandi spazi urbani, insomma, viene colta da entrambi attraverso una modalità di sguardo che, con Adorno, potremmo definire «micrologica», ovvero tesa a individuare il senso di grandi movimenti storici a partire dall’osservazione della vita quotidiana. Altri esempi di quest’attitudine sono rinvenibili nei treni incisi da Pierangelo Tieri o nelle “maschere di carattere” che Leopardi ritrae lettera dopo lettera. I primi, infatti, nascono dalla concreta esperienza dell’Odissea vissuta dai pendolari del basso Lazio, quotidianamente costretti a recarsi a Roma per lavoro (Treno di prima mattina è, in proposito, un’opera emblematica fin dal titolo), ma aspirano a metaforizzare il pendolarismo esistenziale a cui la società contemporanea condanna ciascuno di noi. Le seconde, invece, rinvenibili, per esempio, nei preti vanesi o nell’egoismo dei componenti di casa Antici di cui Leopardi parla nelle lettere alla sorella Paolina o a Monaldo, diventano figure capaci di rappresentare la vanità e il cinismo di una città corrotta. Alla luce di tutto questo non sembra impossibile ravvisare, nel Leopardi del primo soggiorno romano come nelle xilografie di Pierangelo Tieri, un atteggiamento accostabile – per quanto non del tutto sovrapponibile – a quello dei flâneurs otto-novecenteschi. Anche questi ultimi, infatti, amavano girovagare per le metropoli europee cogliendone lo spirito a partire da dettagli di vita quotidiana e rifuggendone gli aspetti monumentali e “ufficiali” (Walter Benjamin ebbe a dire che «le grandi reminiscenze, i brividi storici sono una miseria che egli [il flâneur] lascia volentieri al turista»); e anche questi ultimi, in effetti, hanno non di rado evidenziato che la civiltà metropolitana è essenzialmente contrassegnata da quell’anonimato e da quella solitudine su cui sia Leopardi che Tieri concentrano, come si è detto in precedenza, gran parte della loro attenzione. In proposito è utile tener presente L’uomo col cappello. In questa xilografia, originariamente – e significativamente – intitolata L’uomo solo, Pierangelo Tieri mostra infatti l’estraneità dell’individuo allo spazio urbano mettendo in primo piano un uomo dall’aria enigmatica, posto in risalto rispetto al grigiore delle architetture urbane che si lascia alle spalle perché interamente colorato di rosso e in controluce. Si tratta, come acutamente osservato da Anna Mariani, di una «metafora dell’eterna solitudine metropolitana» resa ancor più evidente dal fatto che le sue estremità «varcano i margini protraendosi oltre la superficie dell’immagine per entrare in un’altra dimensione spaziale e temporale». L’uomo metropolitano, insomma, abita la città senza esserne parte, come le folle romane descritte da Leopardi non possono far altro che assistere da spettatrici e mai da protagoniste allo svolgersi della vita dell’Urbe. L’uomo col cappello è, del resto, la sola xilografia a tema urbano in cui Tieri fa spazio a una figura umana. Nelle altre città da egli incise, infatti, l’uomo è del tutto assente e l’atmosfera, surrealmente desertica, ricorda, non senza significative differenze, quella delle piazze metafisiche di Giorgio De Chirico. In questo modo l’artista si colloca decisamente al di qua di ogni tentazione “realista” – evitando, con ciò, il rischio di un didascalismo “cartolinesco” – e opta per una decisa simbolizzazione del dato concreto da cui emerge la stessa desolazione individuata da Leopardi nella Città Eterna. Appare addirittura impressionante, da questo punto di vista, la prossimità tra le atmosfere urbane incise da Tieri su legno di filo e le parole usate dal grande recanatese nella lettera a Paolina Leopardi del 3 dicembre 1822, in cui si legge che «la grandezza di Roma non serve ad altro che a moltiplicare le distanze, e il numero de’ gradini che bisogna salire per trovare chiunque vogliate. Queste fabbriche immense, e queste strade per conseguenza interminabili, sono tanti spazi gittati fra gli uomini, invece d’essere spazi che contengano gli uomini». Immagini, queste, che ricordano le infinite scale mobili delle stazioni ferroviarie delle grandi metropoli contemporanee, lungo i cui gradini si muovono quelle solitudini che offrono a Pierangelo Tieri l’occasione per tirare fuori il peculiare “leopardismo metropolitano” che abita nelle profondità del suo sguardo.

Prof. Tommaso Di Brango (critico letterario) 2020


              Mostra personale, dal catalogo "traME. grafica incisa di Pierangelo Tieri", Arpino (Fr)
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                                                         "Infinito metropolitano"

La città è una solitudine affollata, una moltitudine di riflettori debolmente accesi su un palcoscenico pieno di attori indifferenti e distanti, incapaci di guardarsi a di incontrarsi, entro un confine lungo il quale gli argini convivono, e il racconto dell'uomo nella città, allora, è una lacerazione, un graffio dentro la materia della malattia della società.
L'opera di Pierangelo Tieri conduce l'osservatore dentro questo tempo scomparso, per angoli urbani e stazioni con treni a riposo; lo guida lungo frammenti piani e solitari di una metropoli indefinita e irriconoscibile, come avvolta da una pioggia pulviscolare e morbida, capace di racchiudere molti mondi e incalcolabili solitudini nella moltitudine quieta e assante; lo trasporta nel passato di una modernita congelata, mascherata delle madri di tutte le angosce dell'individuo pensante, del quale non si ravvisa che la fragile silhouette, nella sua singolarità preziosa ammaliante e malinconica; le sue destinazioni non sono gli interminabili passage di Parigi, la monumentalità decadente di Roma, l'eleganza derisa di Napoli, l'anonimato di Venezia o la rovinosa magnificenza di Manhattan, bensì l'avventura del loro silenzio, giacché prigioni mute e tediose, entro le quali s'accampano, irretite, anime senza dimora.
Il suo personaggio lo si ritrova, uomo e donna, senza età o soltanto sottinteso, nei pressi di quel treno in partenza o di ritorno, ininterrotta metafora dell'infanzia, ossia dell'origine di tutto come pure della sua fine. Pur nella sua inquieta immobilità, il personaggio viene rappresentato nella sua singolarità declinata nella comunità nascosta che lo riconosce in cammino, senza che i suoi passi sul freddo manto della strada cittadina possano destare particolare risonanza o lasciare impronte ritrovabili. Il suo volto lo individuiamo, coerente con l'idea del nostro, rischiarato e scalfito in tutto il suo mistero, dal lampione che illumina il sentiero, luce mielata e soffusa, col suo getto ambiguo e confuso. 
L'abbandono all'osservazione delle opere a incisione di Tieri genera una speciale ebbrezza, che cresce e richiama al dubbio sull'essere nel mondo. Le strade sconosciute, i quartieri ignoti, abitati da fantasime nutrite di un tutto tramutatosi in nulla, esorcizzano l'estraneità del passante sui sentieri del mondo e riducono l'erranza nelle trame dell'anonimato, entro paesaggi di vita infranti, percorsi di ricordi scomparsi e oggetti esauriti nell'afasia e monotonia del non essere.
L'artista si aggira per la selva cittadina e si alimenta del sapere che in essa si ravviva, sorta di semenzaio dell'assoluto, dimora del tutto che nel caos e nel disordine si nutre e si cancella, così dinanzi alla poetica alterità del vuoto metropolitano, l'osservatore rinnova la consapevolezza di sé.
Allora l'opera di Tieri assolve un'operazione salvifica, poiché è una finestra dalla quale osservare la realtà e in essa la vita degli altri consumarsi e rinnovarsi nella nostra, poiché tutto il mondo è senza mutamento e solo l'uomo cambia e si rinnova, pur nella sua solitaria malinconia.

Prof. Giuseppe Varone (scrittore, critico d'arte e letterario) 2020

        
               Mostra personale, dal depliant "TraME. grafica incisa di Pierangelo Tieri, Arpino (Fr) 
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                              "Graffitismo, un mondo virtuoso di luce e colore"

Una pittura poliedrica, quella di Pierangelo Tieri, sradicata dalle forme oggettive, ma non per questo astratta. Pittura come materia plasmabile in segni, forme e colori. I suoi lavori, sono contraddistinti dalla forza dirompente della luce, inducono ammirazione e soprattutto grande serenità. Pittura densa di sottili vibrazioni quella di Tieri, artista dotato di feconda fantasia e di profonde conoscenze tecniche che, esprime le sue notevoli capacità creative in una ricerca densa di contenuti di grande respiro. I soggetti delle sue opere ci danno la misura di un lirico sentire, che fonde in mirabili armonie i sogni, le certezze e i desideri di un'esperienza sublimante di viva espressività.
Colore e forma si accompagnano nell'assoluto senza complicità dialettiche con il fondo. Il colore è sempre l'elemento dominante della sua pittura, tanto da affermare che linea, prospettiva, chiaroscuro, tono ed altro sono derivati di questa forza cromatica che può giungere ad annullarsi nel bianco e nero o ad esaltarsi nello sfavillio dei più impensati impasti cromatici. Pierangelo Tieri costruisce un suo mondo preciso e ben delimitato, un percorso da cui prende vita il "graffitismo". Un mondo virtuoso di colore e luce. I suoi cicli pittorici si presentano come una sorta di racconti dello spirito con temi e ambientazioni diversi, trame e percorsi si incrociano al di là di ogni formale coerenza con il risultato di avere un susseguirsi di emozioni e scoperte tanto più sorprendenti, quanto apparentemente prive di uno sviluppo logico-creativo. Una pittura armoniosa la sua, a cui si aggiunge una ricerca, un voler scavare al di fuori delle normalità sino al surreale, una sintesi che gli permette di aggiungere alle caratteristiche esteriori un tocco di magia e di luce. Materia e struttura stimolano Tieri spingendolo alla ricerca di una combinazione armonica fra gli elementi delle sue composizioni e l'espressione poetica che portano alla nascita del "graffitismo" che regala all'osservatore effetti straordinari, la cui particolare luce crepuscolare lo accompagna nel viaggio all'interno dei suoi lavori.
La scelta dei colori "riposanti" il buon gusto degli accostamenti cromatici, la saggia ritmica delle sue graffiature rendono la sua arte sempre più sperimentazione. L'artista ricorre a modi e supporti completamente innovativi, che s'intersecano lungo diverse direttrici che hanno in comune la significativa radice pittorica e grafica, la magistrale qualità segnica e coloristica dei pigmenti utilizzati, nonché l'eccezionale tecnica realizzativa. Un'artista sopra le righe Pierangelo Tieri, la sua opera è un viaggio mentale senza alcun spostamento fisico; a significare che la ricerca del bello nell'arte e nella vita si può tradurre in un'esperienza intimamente emozionale e concettuale, seppur del tutto statica come i suoi treni.

Massimo Arcese (scrittore e giornalista) 2019


                                      
Mostra collettiva, dal catalogo "Itinerari d'arte", Frosinone       
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Segni fittissimi rinforzano un'atmosfera come vangoghiana tra il nebbioso e il notturno, accordandosi coi lampioni e facendo schermo ad una strada che costeggia case. La città appare come sospesa, senza più coordinate certe di spazio e di tempo e senza un centro nel quale sia possibile consistere. La viandanza diviene il criterio di composizione.

Prof. Marcello Carlino (critico e storico letterario) 2018


                        Mostra collettiva, Menzione Speciale "XXIX Porticato Gaetano", Gaeta (Lt)

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                                      "Il mondo metafisico di Pierangelo Tieri"

La prima impressione che si avverte al cospetto delle molteplici opere - xilografie e acrilico/olio su tela - dell'artista Pierangelo Tieri è sicuramente positiva perché egli è portatore di un universo di attraente attualità, visti i soggetti che si alternano nella sua produzione costituita da melanconiche periferie urbane, da indeterminati paesaggi, da nebulose stazioni ferroviarie e da tristi palazzoni e grattacieli isolati nei sobborghi.
Raccolta sorretta da una tonalità cromatica di grande efficacia in quanto le sfumature e le gradazioni di colore conferiscono, con la loro delicatezza, dignità e originalità a tali creazioni frutto d'ingegno e di fantasia; talento ed inventiva visibili se si esamini con serenità il "corpus" delle sue opere, tutte di pregevole fattura. 
Nella presente collezione, a parte fanno bella mostra di sé due xilografie affini, ma non uguali, che suonano, rispettivamente, "L'uomo col cappello" e "L'uomo solo". Anche lo sfondo - un "graffiato" grigio-rosato in cui si intravedono grossi sfumati palazzi a più piani - è simile dato che la seconda ritrae ancora una persona, ripresa nella sua interezza, col cappotto rosso chiuso, mentre cammina meditabondo.
La rassegna di Pierangelo Tieri presenta un "leitmotiv" dominante, quello, cioè, relativo agli scenari grigio-scuri sui quali si stagliano nella loro tenuità gli ambienti - quasi sempre massicci edifici - e i personaggi immersi in queste periferie suburbane. Un esempio, la xilografia "Parigi" del 2013 nella quale si scorgono, su uno sfondo dai toni tendenti al marrone  striato, palazzi in un attenuato viale con al centro due lampioni stilizzati. 
Il medesimo risultato si verifica in quasi tutti gli esemplari di questa produzione considerato il comune denominatore - plumbeo-cinereo - che la sorregge, e vista altresì la frequente presenza in essa dei fanali che conferiscono efficacia all'insieme della visuale così come danno lo stesso esito le due xilografie "Lampioni" del 2016 e "Roma" del 2017, tali da pretendere di definire "metafisico" l'impegno dell'artista laziale. 
Dopo gli argomenti menzionati, altri temi si affacciano nella produzione del nostro artista e precisamente quelli inerenti alle ferrovie e ai treni còlti, questi ultimi, sia nella loro dinamicità, sia nella loro staticità. Non a caso due opere s'intitolano "Vagoni" (2009)" e "Vagoni (2017)", ed altre due si chiamano "Stazione" (2013)" e "Stazione" (2017)", proprio a voler evidenziare l'importanza della strada ferrata e dei posti di sosta e di partenza.
Anche nel dipinto "Manhattan", del 2015, vengono messe in evidenza i binari, mentre sullo sfondo si scorgono di sfuggita i poderosi grattacieli che quasi li proteggono; analogamente, le due stazioni ritratte dell'artista - del 2013 e 2017 - stanno lì ad attestare la rilevanza di questi luoghi sebbene, nella fattispecie, nel grigiore di un campo visivo deserto sì, ma, a suo modo, animato.
Tornando al motivo "ferrovia", nei menzionati "Vagoni", s'intravedono sulle rotaie diverse vetture - con i finestrini aperti e la sagoma di qualche passeggero - dai caratteristici colori rosso-bianco-azzurro, degli odierni convogli fermi in stazione o in procinto di partire per le varie destinazioni.
Chiudono la raccolta tieriana alcuni volti di personaggi femminili e maschili a colori - in acrilico e olio su tela - ripresi in vari atteggiamenti riflessivi così descritti: "Donna fatale", "La domestica", "Donna che non lava i piatti", "Ultimo soffio di vita", "L'incattivito", "L'impiegato", "Il religioso", "Il litigioso", "Uomo in affari", "Il saccente", "Il pensionato", "Vecchio e cattivo", "Lo scrittore".
Una bella interessante esposizione questa dell'Autore, che è riuscito felicemente ad estrinsecare i moti del suo animo dando ulteriore vita a figure e ad ambienti ai quali mancava soltanto un soffio per essere più vivi di quanto già, "ad abundantiam", lo erano.

Prof. Lino Di Stefano (scrittore e giornalista) 2018


                                            Dalla rivista "Oltre la linea - Ricognizioni", Bergamo

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Al giorno d’oggi la xilografia è, davvero, una tecnica praticata da un esiguo numero di pittori. Ho avuto la fortuna di scoprire questa forma d’arte in una mostra che si è tenuta nella mia città, a Formia, in provincia di Latina. L’esposizione ha ospitato, tra altri lavori ed esperienze, xilografie di grande formato di Pierangelo Tieri.
Scopro che per xilografia si intende l’incisione a rilievo, tramite speciali scalpelli, di immagini su tavole di legno (le matrici) successivamente inchiostrate (con rullo di gomma) e utilizzate per la esecuzione di più esemplari dello stesso soggetto su carta, mediante la stampa con il torchio oppure la stampa a mano (premendo la carta sulla matrice inchiostrata con un tampone). 
Inizialmente la xilografia venne utilizzata per produrre illustrazioni di testi e immagini popolari. In seguito, con il sopraggiungere di altre tecniche di veloce riproduzione, divenne autonoma attraverso il genio di pochi maestri.
La ricerca artistica del nostro Pierangelo Tieri si snoda nel corso di quasi trent’anni di lavoro, e riflette la sua naturale propensione all’indagine dell’animo umano. Egli studia, contempla e rappresenta la solitudine dell’uomo moderno. Tale scopo è spesso raggiunto, nelle sue incisioni, con l’assenza della raffigurazione di forme di vita e con ampi spazi deserti. Il vuoto psicologico e sociologico del nostro tempo.
L’avvento della tecnologia ha stravolto la natura dei rapporti umani, che sono diventati sempre più freddi e superficiali. I nuovi mezzi di comunicazione hanno destabilizzato gli equilibri su cui si basavano le relazioni umane, compresa quella famigliare.
Nella esposizione di Tieri l’incisione che più ha attratto la mia attenzione è “L’uomo col cappello”, e non per le sue notevoli dimensioni (2.00x1.40 metri). In questa opera lo spazio intorno alla figura è prevalentemente svuotato di ogni forma di esistenza; la parte sinistra dove campeggia il personaggio è dominata dalla penombra, resa da un rosso crepuscolare; la figura si estranea dal contesto circostante, e lo sguardo e la postura, oltre la dimensione, trasmettono un senso di autorevolezza. Una parte dei piedi dell’uomo fuoriesce dall’opera xilografica; così che la figura dà l’impressione di voler uscire dallo spazio che ci tiene prigionieri nella struttura compositiva.
Incontrare Pierangelo Tieri mi ha avvicinato decisamente al mondo dell’arte; e ancor più a tutte le sue forme in continua evoluzione tra passato e presente.

Studentessa 5° anno (liceo scientifico) 2016


     Mostra personale, dal giornale "La Serra", Formia (Lt)
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Il percorso artistico di Pierangelo Tieri si snoda nel corso di quasi trent'anni di attività, e riflette la sua naturale propensione all'indagine dell'animo umano. Egli studia, contempla e rappresenta la solitudine dell'uomo moderno, il quale, pur sollecitato da una moltitudine di stimoli e immerso in realtà che consente, in apparenza, di essere bene connessi con il mondo; conduce invece un cammino difficile, doloroso e spesso anche pervaso di tristezza.
L'Autore, con la sua fine sensibilità, recepisce e rielabora questo aspetto della realtà, profondamente assimilato e infine riflesso del suo stato d'animo in opere che sembrano come sospese nel tempo.
Originale è il processo creativo, attraverso una ricerca coraggiosa e tenace radicata nella tradizione, che utilizza con sapienza tecniche classiche quali la pittura e l'incisione. La sua indagine parte da i suoi paesaggi urbani, dipinti con tecnica mista (acrilico e olio su tela) con una prospettiva che ci mostra l'immagine segnata dall'assenza di ogni forma di vita, per arrivare a trasporre i medesimi soggetti nelle xilografie di grande formato in grado di amplificare la visione della realtà. Esemplare l'opera "L'uomo col cappello" che rappresenta una persona dai tratti volutamente indefiniti mentre cammina dentro uno spazio deserto, che ribalta la figura verso lo spettatore trasmettendo inquietudine e spaesamento.
Personale risulta l'utilizzo energico della xilografia, che ha avuto grandi maestri nel passato. Eredità che non condiziona la creatività di Pierangelo Tieri, il quale piuttosto riesce a parlare con un linguaggio sicuro in cui segno e idea si fondono per un'opera unica calata nel nostro tempo, fatta propria e rappresentata con coerenza e visionarietà.

Prof.ssa Stefania Bolzicco (storia dell'arte) 2016 

 
          Mostra personale, dal catalogo "Zazen", Formia (Lt)
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Una intensa emotività emerge dalle immagini che egli espone al Templum Artis di Sant’Ambrogio sul Garigliano. È interessante l’ansia che egli sembra palesare nei suoi lavori; particolarmente in quella serie di dipinti in cui le immagini si "stagliano" quasi isolate nella propria dimensione umana.
Certamente Pierangelo Tieri ha coniugato sinergicamente le due esperienze professionali, grafica e pittorica, per porre in primo piano, dal romito "studio" tra pennelli e tavolozze, l'Io e il non Io.
Notasi spesso la solitudine, le riflessioni su quei momenti dedicati al lavoro, all’impasto dei colori, alla linea che vorrebbe cancellare il tempo. Egli non è Jan van Eyck al quale ammicca lo sguardo; non è Gauguin o Van Gogh, ma pur bramoso della storica cultura, osserva, filtra e riassume i colori della scuola napoletana.
A volte i colori di cui si inondano le sue tele volgono agli effetti degli antichi affreschi ai quali vorrebbe cedere l’anima, nel mentre, egli, non altro da sé, valuta anche la dimensione e il procedere del tempo, la dinamica, la storia in cui si svela.
Pierangelo è giovane ma, vista la via intrapresa, darà certamente un valido contributo all’arte figurativa.

Prof. Manlio Manvati (pittore e scrittore) 2014


               Mostra personale, dal quotidiano "La Provincia", Sant'Ambrogio sul Garigliano (Fr)

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L'impossibilità di comunicazione, la pressochè totale assenza di stimoli, la solitudine dell'umano sentire al giorno d'oggi sono alcune delle fondanti componenti dell'operato artistico, nonchè umano ed esistenziale, dell'artista Pierangelo Tieri.
Un sapiente recupero di tematiche, culturali ed iconografiche, quelle dell'Artista, che si sostanzia in una originale visione della vita e della quotidianità filtrate attraverso il sensibile specchio interiore di una spiritualità lenta e privatissima, un occhio acuto ma discreto che squarcia la realtà e la disseziona sotto una lenticolarità non già di particolari visivi, quanto percepiti, ricordati, al nobile scopo di lasciare spazio non tanto alla veridicità o fedeltà del dato iconografico (quella puntualità del reale vessillo di tanti geniali artisti, da Caravaggio ad Hogarth) quanto alla libera esternazione delle emozioni che trascendono il dato reale per trasfigurarlo, ed esplodere sulla tela con visioni immateriche, quasi oniriche, fantasmagoriche.
Una lezione di sincera ma coraggiosa sfrontatezza, la sua, nel recuperare l'assunto quattrocentesco, albertiano, della rappresentazione come "finestra sul mondo", uno sfondato ideale su un universo, decantato dalla pittura, "Ars maior", che si cristallizzava ogni volta nella profonda coscienza dell'Autore. Vedute, le sue, orchestrate in una sapiente "mise en scene" valorizzata a sua volta da tagli ed inquadrature non convenzionali, fotografiche, permeate da una luce leggera, quasi umbratile, che comunica sensazioni di quieta malinconia, di struggente incanto,  una romantica e nostalgica riflessione sull'interiorità rapportata a ciò che ci circonda, nella mutevolezza delle situazioni.
Una pennellata decisa, graffiata, con un segno dinamico e nervoso, ci riconduce ad alcune eco di matrice impressionista e post-impressionista, come del resto taluni degli scorci raffigurati (i grattacieli della Grande Mela o la stazione della metropolitana) quasi a volersi riappropriare di una conclamata temperie culturale e artistica pre-novecentesca. Cromia spenta, debole, tutta risolta nei toni del bruno, della terra, dell'arancio, dell'ocra, quella di Pierangelo Tieri, che non appesantisce o incupisce l'immagine, ma le conferisce, invece, quel senso di propensione verso l'infinito che l'essere umano da sempre persegue con ardore e speranza, le cui forme ed i contorni disgregati, violati, smaterializzati da una bruma leggera narrano proprio di quell'indefinitezza umana che le tele di Tieri tentano di immortalare ed eterizzare.

Giorgio Palumbi (critico d'arte) 2014


                            Mostra collettiva, dal catalogo " 1 Biennale di Spoleto", Spoleto (Pg)
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Il neo-romanticismo di Pierangelo Tieri prende forma dagli incisori storici quali Dürer, Cranach, per approdare a Bonnard o al fascino di Boccioni, al Carnovali o al Fontanesi.

Durante gli studi e nel corso della vita si viene emotivamente travolti da linee, forme, suoni, immagini e quant’altro influisce e stimola i nostri sensi. Tutto ciò diviene terreno fecondo dal quale germoglia e si forma la nostra identità: così accade a Pierangelo Tieri.
Tieri ha immerso la propria cultura nel solco dell’impressionismo e del divisionismo pur trascinando il suo sguardo ed il suo perché nel futurismo di Boccioni. Severini, tra l’altro, gli ha dato una certezza ulteriore onde articolare la propria timida ribellione ai limiti della semantica. Questa analisi, pur partendo dalla forma, procede oltre l’immagine. Tieri  va a ritroso, verso gli spazi impalpabili, quasi delle a-sonorità nelle quali si appannano  le forme. Le forme con le proprie sonorità, pausate e ritmate, le vuole ottundere con una tempesta di graffi grafici; parte dalla forma e dal peso sonoro per urlare il silenzio, per ascoltare quel silenzio siderale cui tendeva la pittura degli anni ottanta. Pierangelo Tieri è partito dal divisionismo per giungere al tempo della riflessione, nel silenzio.

Prof. Manlio Manvati (pittore e scrittore) 2013


                                                 Dal quotidiano "Ciociaria Oggi", Frosinone

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                           "La pittura inquietante di Pierangelo Tieri"
  
La mostra di pittura e grafica d’arte dal suggestivo titolo “Smarrimenti dell’anima”, recentemente allestita a Roma nella sede di Palazzo Valentini, merita attente riflessioni sullo stile originale e sull’evoluzione tecnica di Pierangelo Tieri. L’esposizione ha permesso di veder assemblate secondo una successione voluta dallo stesso artista un nutrito gruppo di opere del periodo 2000 e 2013. Già nella prima visita, confortato anche dal colloquio con l'Autore, ero stato colpito e assorbito dai tratti così personali e inconsueti in un campo, come quello della pittura e della grafica d'arte, largamente inflazionato da prodotti stanchi e ripetitivi. Per questo ho sentito il bisogno di tornare e di intrattenermi a lungo di fronte alle 20 opere in una solitaria e duratura contemplazione. Sono convinto, infatti, che per comprendere il linguaggio artistico di un autore sia necessario tener conto del complesso itinerario compositivo nella prospettiva diacronica (dato che la carriera artistico-figurativa di Tieri si distende ormai in un arco di 15 anni, dalla prima mostra del 1998 all’attuale esposizione personale di Roma); nello stesso tempo occorre disporsi alla visione, avendo sgombrato la mente da perduranti pregiudizi, per cogliere in profondità la cifra stilistica di opere apparentemente eterogenee. La disposizione delle opere e gli accostamenti voluti dall’Autore sono a volte cronologici a volte di tipo tematico. La prima opera che accoglie il visitatore è: Cappotto del 2003 (acrilico/olio su tela). Essa funge quasi da introduzione al percorso espositivo; siamo come nel vestibolo di una abitazione e l’indumento collocato su un attaccapanni lascia intendere che nella casa vi è l’affaccendarsi quotidiano. Nel secondo Padre e figlia del 2009 si coglie un momento di tenerezza familiare: il personaggio del padre (riconoscibilissimo) viene raffigurato in un gesto convenzionalmente ritenuto femminile quale quello di pettinare e raggruppare la lunga coda di capelli della bambina, gesto qui invece presentato nella naturalezza di un rapporto di accudimento e di amore. Tralasciando altre opere, ci soffermiamo sulle due intitolate Periferia del 2012 e Finestre del 2004, che richiamano un contesto urbano privo di connotati specifici, ma evocanti un mondo metropolitano, in cui l’uomo è quasi sparito, soffocato dalla dismisura tipica delle grandi città. Tema questo rinvenibile in maniera più evidente e simbolica nel bellissimo Manhattan del 2009, collocato verso la fine del percorso espositivo. Molto suggestivo e penetrante è L'attesa del 2000, dove un angolo di una strada che via via tende a sfumare in lontananza sembra presagire un evento che forse dovrà accadere oppure lascia pensare a qualcosa di assente in quanto già accaduto. L’occhio dell’osservatore coglie i particolari dell’ambiente (case, finestre, porte, marciapiedi, ecc.) volutamente indeterminati. Si è come catturati e trascinati all’interno della raffigurazione, che alla fine deposita nell’animo un senso di struggente malinconia.
Si tratta, a parere di chi scrive, di uno dei vertici dell’arte di Tieri. La grande opera L'uomo col cappello del 2005 (xilografia a colori 2,00x1,40 metri) presenta una figura umana maschile che occupa la metà sinistra della composizione, mentre l’altra metà mostra lo sfondo di una grande strada con una serie di  palazzi incombenti collocati a una certa distanza secondo un dosaggio prospettico accurato. L’uomo in primo piano con cappello e cappotto e con le braccia che seguono in parallelo le linee del corpo sembra in procinto di uscire dallo spazio del quadro con una piccola parte delle scarpe che fuoriescono dalla struttura della composizione. I connotati del viso non sembrano voler indicare  alcunché di specifico; la figura appare nella più totale impersonalità. Forse l’autore ha voluto suggerire la odierna condizione di anomia, di assenza di norme e codici di riferimento, quindi di insignificanza del singolo in un mondo che dell’uomo può anche fare a meno. Seguono la serie di 4 Volti tutti del 2007, uno studio della fisiognomica del viso esprimente una vasta gamma di sentimenti umani (serenità, rassegnazione, tristezza, ecc.). I volti parlano dello scorrere del tempo attraverso le rughe, attraverso le linee della fronte, attraverso gli occhi a volte sgranati a volte puntati verso lo spettatore; parlano delle fatiche del vivere, del dolore rappreso di fronte alle offese della sorte. Le opere successive Lampioni del 2013 e Angolo urbano del 2005 ripropongono ancora una volta il tema ricorrente di Tieri, la città e le sue dimensioni eccedenti, smisurate rispetto alle possibilità del vivere umano. Stavolta i tratti sono ancora più marcati e gli effetti ancora più dirompenti. Le ultime opere della mostra (Vagoni del 2009, Stazione del 2012, Treno Treno 2 entrambe del 2009) possono essere lette metaforicamente come simboli del nomadismo, della condizione di emigranti e più in generale dell’inquietudine umana, della vita come viaggio dove non conta la meta ma la insoddisfazione che spinge verso un altrove sconosciuto. In conclusione, vale per Tieri, come per qualsiasi artista, l’osservazione che nessuna descrizione nel linguaggio della parola può dar conto in modo esauriente di quanto è espresso nel linguaggio della figurazione artistica. Trattandosi, inoltre, nel caso nostro di opere di notevoli dimensioni, è bene sottolineare quanto sia necessaria la visione diretta, attenta sia all’effetto d’insieme sia ai particolari. Questo gruppo di opere (considerate anche in rapporto alle altre presentate nelle 30 mostre cui Tieri ha esposto) ci mettono di fronte a un artista che ha saputo esprimere gli “smarrimenti dell’anima” (come recita il titolo della mostra) e che ha saputo dare testimonianza, sul terreno proprio dell’arte, della nostra condizione umana nell’epoca detta ipermoderna,  caratterizzata dal crollo delle certezze e quindi da una inquietudine diffusa (tema segnalato sia dal critico Giorgio Palumbi, sia dal poeta Tommaso Lisi nella brochure di presentazione). In questo senso l’arte di Tieri è meritoriamente “inquietante”, in quanto ci scuote dalla inconsapevolezza e ci invita a guardare una realtà forse sgradevole, ma certamente non oscurabile con patetiche rimozioni. Riformulando all’interrogativo il celebre detto di Dostoievskij, possiamo chiederci: “La bellezza e l’Arte salveranno il mondo?

Prof. Giuseppe Di Siena (storia e filosofia) 2013     
                               

                                             Mostra personale, dal giornale "La Serra", Roma       
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                                                 "Smarrimenti dell'anima"

La mostra, intitolata "Smarrimenti dell'anima", ripercorre l'esperienza dell'Autore dedicata alla ricerca di punti di orientamento che possono indicare, nel mondo, alcune certezze sia della vita che di una visione metafisica della stessa. Si tratta, cioè, di quella ricerca insita nell'esperienza umana e pittorica di Pierangelo Tieri, che mantiene in rigoroso equilibrio i contraddittori elementi della realtà e della fantasia. Un'arte, quindi, che prosegue e approfondisce i temi esistenziali che sono alla base dell' attività dell'Autore e che ricevono qui una ulteriore anche se non definitiva conferma, dal momento che le opere presentate aprono sempre nuovi scenari e nuove prospettive. Si potrebbe anche parlare di una tensione e visione verso spazi sempre più significativi ed essenziali. Ancora una volta, si tratta di un'arte che inquieta e al tempo stesso solleva e pacifica la propria inquietudine.
Osservando le diverse opere dell'artista si resta attratti e si viene conquistati dalla genuinità dell'ispirazione e dalla sapienza (ma anch'essa spontanea) dell'invenzione. E' come se la profondità della prima (l'ispirazione) generasse da se stessa, per suo stesso naturale sviluppo e superamento, o inveramento, l'equilibrio intatto della seconda (l'invenzione). Non c'è separazione o dualismo tra contenuto e forma, dal momento che è la forma a creare e a crearsi il suo contenuto. Siamo, cioè, al di fuori di ogni sperimentalismo, anche se è il travaglio del suo percorso ad accendere di sé l'opera finalmente compiuta e definitivamente risolta.

Prof. Tommaso Lisi (poeta, narratore e critico letterario) 2013


                                  Mostra collettiva, dal depliant "Smarrimenti del'anima", Roma
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                                         "Il graffitismo di Pierangelo Tieri"

La cornice artistica nella quale s’inquadra l’innovativa produzione pittorica e grafica di Pierangelo Tieri è quella dell’etica e dell’estetica che si fanno interpreti di un’Arte quale dimora del visibile e dell’immaginario attraverso figurazioni graffiate, colorazioni scalfite e concetti socialmente e figurativamente espressi. La pulsante sensibilità del Pittore è nutrita da sedimentazioni cromatiche che si possono osservare  nelle nebbiose immagini dei suoi dipinti nei quali si affacciano affascinanti scenari composti da incisivi segni, cromie e da tratti abilmente strutturati. Si tratta, cioè, di un attento sperimentare tendente a farsi corrente, anche artistica, attraverso l’intrigante nuova figurazione che sa non solo attirare lo sguardo ma, altre sì trattenere, all’interno dell’opera eseguita, le riflessioni di quanti se ne pongono alla visione. Le creazioni di Pierangelo Tieri si distinguono, appunto, per l’impegno performativo del suo pensiero che sa magnificamente combinarsi con le sensazioni suggerite dal moto della propria anima, facendo dello spazio ad esse assegnato il metafisico luogo d’incontro delle espressioni tonali dei suoi colori in un percorso di tratti che sanno rendersi custodi della testimonianza sociale. Le sue indiscusse valenti “graffiature” creative s’intersecano lungo diverse direttrici che hanno in comune la significativa radice pittorica, la magistrale qualità segnica e coloristica dei pigmenti utilizzati nonché l’eccezionale tecnica realizzativa. Pierangelo Tieri, pertanto, mediante i suoi travagliati dipinti, le cui tonalità coloristiche sanno parlare alla coscienza e penetrarne all’interno con inclusioni geometriche fittamente realizzate, crea nebbiose visioni sceniche dagli effetti straordinari la cui particolare luce crepuscolare sa accompagnare il pubblico in silenzi eloquenti restituendo ad esso la memoria dei malesseri sensibilmente perlustrati dalla potenza delle sue estrapolazioni coloristiche. La precisa ed efficace grammatica grafologica del Pittore tende così a far emergere dalle profondità di ciascuno il bisogno inarrestabile della nuova cultura affidata al linguaggio dei propri segni che sanno farsi stupefacenti traduttori delle preziosità di ogni quanto già esiste, una volta dissipatene le possedute insicurezze derivatene dalle nebbie esistenziali. Unicità espressiva, quella dell’Autore, che, con le sue complesse composizioni, concentra la propria analisi pittorica su di un “Ambiente” molto spesso non considerato come valore ed urbanisticamente violentato, ma che rappresenta un incommensurabile patrimonio al quale l’Artista sente di doverne rispetto con il porne in risalto le bellezze tradite dalle fumosità che ne offuscano le originali limpidezze naturali. Le rivoluzionarie realizzazioni di Pierangelo Tieri, sapientemente tratteggiate e ritmate da una poetica “gestuale”, itinerata da ricordi trasportati dal vento di un idealismo “post-kantiano”, rivisitato dalla personale esigenza di raccontare pittoricamente una decadenza sociale, vogliono, quindi, indagare un “altrove” suggestionato da una cultura contemporanea tendente ad annebbiare gli spazi dell’anima, che viene, però, ad essere artisticamente illuminata dai brani di luce delle sue opere capaci di sintonizzarsi con l’onda espressiva dei Grandi Maestri del ‘500. Il suo mondo grafico, alla pari di quello pittorico che nelle tonalità delle cromie e nelle costruzioni segniche ricorda le opere degli Artisti del ‘900 quali Gino Severini, Bernard Buffet, Mario Deluigi, si rivolge anche alle realizzazioni xilografiche magnificate dall’espressività dei suoi decisi segni e dall’adeguatezza delle colorazioni applicate, il cui accento sulla funzione sociale dell’Ambiente è reso evidente dall’Artista con il suo “graffitismo” che denuncia le sofferenze e le inquietudini dallo stesso combattute attraverso la sua tecnica tesa a dare luce e riequilibrio ad un “Habitat” stravolto dall’Uomo che, inconsapevolmente od incoscientemente, nel tempo se ne è reso reo e contestualmente vittima. Luoghi di vita, artisticamente descritti dall’Autore con abili ed acuti segni affinché l’umanità, liberata dalle paure, possa essere aiutata ad affrontare ed a superare i propri bui esistenziali, risanando quelle ferite culturali causate dalla cieca indifferenza verso ciò che avviene attorno all’umanità. Pierangelo Tieri, a buona ragione, dunque, rappresenta il generoso e coraggioso guerriero che non solo sa affrontare e combattere l’indifferenza con le armi dei suoi pennelli e della propria colta tavolozza ma è colui che, innovando la pittura con il “graffitismo”, ha saputo squarciare le nebbiose fumosità di una parte della cultura contemporanea.

Giorgio Palumbi (critico d'arte) 2013


                                  Mostra personale, dal depliant "Smarrimenti dell'anima", Roma
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                                                         "Roma da una finestra"

Il dipinto, di Pierangelo Tieri, vuole abbracciare da una finestra sia la Roma antica che quella attuale e quindi rappresentare la città eterna nel suo passato e nel suo continuo rinnovarsi che quel passato non rinnega ma esalta. Si tratta di cogliere l’unicità di un mondo nel quale la natura e la storia si rispecchiano nell’arte che le vede non solo nella loro esistenza attuale ma anche in una esistenza senza tempo perché colta nei suoi aspetti più caratteristici. Protagonista è anche, se non soprattutto, la finestra che è come l’occhio dell’artista che mantiene una soggettività e si allarga ad un universo veramente unico e sovrano. La natura, come nell’esperienza poetica di Vincenzo Cardarelli, è un elemento non illustrativo e superficiale ma una presenza altrettanto essenziale nel panorama della città, in cui convergono aspetti religiosi, storici e architettonici. Una città davvero unica al mondo sorpresa nella sua vitalità antica e moderna, in un dipinto che è anch’esso sorpreso dal suo stesso sguardo. 

Prof. Tommaso Lisi (poeta, narratore e critico letterario) 2013


                        Mostra collettiva, dal catalogo "L'Estate Romana di Renato Nicolini", Roma
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Figure e ritratti, i suoi, in espansioni e contrazioni di forme concordi con il respiro della tela, in un piano calcolato entro termini preordinati, ad esprimere il senso della vita comune anche quando esso si fa solitudine.
Miscellanea artistica, la sua, di notevole estro che sa unirsi ad espansivi impulsi prorompenti da sentite emozioni mosse dal proprio bisogno di rappresentare e sussurrare cromaticamente penombre arcane e nebbie impenetrabili attraverso un percorso rappresentativo pittorico, al contempo dinamico e mobile, che sa donare, allo sguardo dell'Osservatore, un mondo fatto di sensazioni sempre diverse e mai ripetitive.
Raffinata tecnica, quella di Pierangelo Tieri, dall'elevato spessore formale, in raffigurazioni che sanno distinguersi per la loro natura, tutta emozionale, dallo stesso assestata ai confini dell'astrazione.
Opere, le sue, che si identificano con l'incisione, in un volere rappresentare legato ad un evanescente e, nello stesso tempo, ben tracciato realismo, esplorato da un segno libero, ispirato dai propri interessi umani e sociali accuratamente e sensibilmente visitati.
Creazioni, le sue, tese a bloccare l'attimo fuggente e ad restituire scorrevolezza ad una impalpabile atmosfera rappresentativa di figure staticamente composte, ma sospinte e magnificamente realizzate da un inconfondibile individuale colto sperimentare.
Strutture dell'area del simbolismo raffigurativo, quelle del Pittore, nelle quali predominano i rossi, le terre ed una 'nerità', intesa come visualizzazione di una interiorità che sa farsi metafora di un celato ed ignoto dentro di sé custodito.
Incantesimi, quelli realizzati dall'Autore, all'interno di scenari eterei senza tempo che paiono fluttuare nell'aria, dove ogni certezza di segno sembra volgere l'attenzione all'incertezza di un quotidiano narrato con valente poetica carica di 'pathos'.

Giorgio Palumbi (critico d'arte) 2012


                                          Mostra collettiva, dal catalogo "Ars Creandi", Roma 

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I volti e i paesaggi particolari di un tempo, realizzati da Pierangelo Tieri, inducono a pensare al personaggio antico. Lo studio che Tieri sta portando avanti, unico nel suo genere, dai colori tenui ma allo stesso tempo incisivi, ci deve far riflettere tanto. Le sue opere comunicano in maniera semplice facendoci intravedere la visione di ieri trasformata in attualità. I gesti e le espressioni ci appaiono familiari, come gli scorci e gli immensi paesaggi. E' un'arte, questa, che fa parte dell'anima serena e burrascosa, gioiosa e triste, solare e nera del giovane artista. Le tele di Tieri si presentano maestose con la giusta tonalità, trasparenza e profondità di esecuzione.

Filippo Maria Aliquò (critico d'arte) 2009


                                 Mostra personale, dal depliant "Fratture del tempo", Cassino (Fr)
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Una riflessione sulle leggende sui miti persi nella notte dei tempi: è quanto propongono le opere di Pierangelo Tieri, il quale è impegnato da tempo in una ricerca artistica inedita. La sua indagine non è solo tecnica e originalissima ma è anche una ricerca sull'uomo per riuscire a capire la vita e il mondo che lo circonda, per fare ciò ci conduce in una dimensione irreale e poetica scavata nella storia dove ritrova dietro le facciate di antichi palazzi i volti di chi quella storia l'ha fatta. I segni impressi sulle tele inventano e assimilano in tutte le loro sfumature forme e figure che rimandano ad un vissuto altro che è dentro ognuno di noi. Il suo segno lieve ripetuto armonico e musicale scaturisce direttamente dalle sue sensazioni ed emozioni. Con semplicissimi tratti, l'artista riesce a comunicare un intero concetto. L'irrealtà dei colori muove l'occhio a entrare nella tela: non ha più confini, la tranquillità può scivolare serenamente nella meditazione.

Prof. Giuseppe Napolitano (architetto e critico d'arte) 2008


                                          Mostra personale, dal depliant "Volti Visti", Frosinone
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Hanno scritto di lui:
Domenico Adriano / Filippo Maria Aliquò / Massimo Arcese / Paolo Bellini / Gabriella Bocconi / Stefania Bolzicco / Claudio Caldarelli / Marcello Carlino / Tommaso Di Brango / Fabiana Di Fazio / Giuseppe Di Siena / Lino Di Stefano / Tommaso Lisi / Manlio Manvati / Anna Mariani / Settemio Marzetti / Nicola Micieli / Maria Angelica Molinari / Giuseppe Napolitano / Gabriella Pace / Giorgio Palumbi / Giuseppe Varone.
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                                           Premi

 

   Menzione Speciale

                            "XXXIV Premio Porticato Gaetano" 2022 

Presso la Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea di Gaeta (Lt), si è svolto  XXXIV Premio Porticato Gaetano. Tieri riceve la Menzione Speciale con un dipinto ad olio su tela dal titolo "Bambino che dorme". La rassegna ha annoverato la partecipazione di ottantasei artisti e quattro scuole medie statali del territorio che si sono cimentati sul tema "Francesco, il senso della meraviglia". 

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                                                                Premio Acquisto 
                    "III Biennale dell'Incisione Italiana Carmelo Floris" 2021                                               
Presso la Casa Museo "Carmelo Floris" di Olzai (Nu), si è svolta la III Biennale dell'Incisione Italiana, dedicata alla xilografia. Tieri riceve il "Premio Acquisto" con due opere xilografiche dal titolo "Treno in galleria" e "Attraverso", fruibili in mostra permanente nella Pinacoteca Comunale. La rassegna ha visto la partecipazione di venti incisori contemporanei, individuati e selezionati da una giuria di qualità, ciascuno in rappresentanza della propria regione di provenienza. L'evento è stato patrocinato dal Ministero della Cultura e dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna. 

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Menzione Speciale
"XXIX Premio Porticato Gaetano" 2018

Presso la Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea di Gaeta (Lt), si è svolto il XXIX Premio Porticato Gaetano. Tieri riceve la "Menzione Speciale" con un'opera xilografica dal titolo "Lampioni". La rassegna ha annoverato la partecipazione di novantacinque artisti italiani e stranieri che si sono cimentati sul tema "Periferie". La manifestazione fin dalle prime edizioni è insignito di medaglia del Presidente della Repubblica Italiana.

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                                                                              Premio della Critica
                            "Premio Internazionale La Pigna" 2015                  

Presso il Palazzo Pontificio M. Marescotti di Città del Vaticano, Tieri riceve il "Premio della Critica", con un'opera di xilografia a colori dal titolo "L'uomo col cappello" all'interno di un'esposizione collettiva patrocinata, tra gli altri, dalla Regione Lazio. Alla rassegna hanno partecipato esponenti altamente selezionati e significativi del panorama artistico contemporaneo, provenienti da Francia, Germania, Norvegia, Spagna, Ucraina, Guatemala, Uruguay, Argentina e Italia. La mostra si è avvalsa per l’assegnazione dei riconoscimenti degli interventi di una giuria d’élite (cultura, istituzione e spettacolo), presieduta dal critico d’arte Daniele Radini Tedeschi.

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                                                                     Riconoscimento     
                                          "Premio Néa Polis" 2015

Presso la Factory MACRO - Spazio Giovani Roma Capitale, si è svolta una grande manifestazione artistica chiamata Néa Life, organizzata dall'Associazione néaPOLIS e patrocinata dalla Regione Lazio. Nella rassegna ha avuto luogo il concorso d'arte dal titolo "Ri-Generazione", con 15 artisti finalisti, tra i quali Tieri ottiene il riconoscimento per l'opera xilografica dal titolo "Stazione", pubblicata sul volume "CriticArt, arte della critica d'arte" edito da Gangemi Editore a cura della storica dell’arte Viviana Vannucci.




© Pierangelo Tieri